L'erba meraviglia
Amaranto: prima di tutto per noi un bellissimo colore tra il cremisi, il granato ma più rosso, rosso scarlatto verso il viola.
Poi una pianta ornamentale anche chiamata erba meraviglia.
E ancora, un simbolo per i Maia dell’immortalità.
Se poi giochiamo con i simboli, questo colore racconta la capacità di sorprendere, meravigliarsi e stupirsi di fronte a persone, cose e accadimenti.
E questo è quello che più me lo rende affine e alleato.
Sì, perché questa pianta resiste alle contaminazioni e resiste pure al più mortifero pesticida della Monsanto (Mondiablo), che deve sempre accompagnare le coltivazioni transgeniche. Circola lo slogan: “noi con l’amaranto sconfiggiamo la Monsanto”.
Loro definiscono l’Amaranto una piaga (dispregiativamente “pigweed o superweed) una erba infestante e maledetta, ma si può ben capire il punto di vista; ragionano sui considerevoli danni dovuti alla resistenza di Amaranto anche al Roundup (tristemente famoso super erbicida a base di glifosato) e per una multinazionale che produce semi transgenici, non è il massimo.
Queste Kiwicha (significa sogno che non svanisce), hanno beatamente invaso le loro mega “piantagioni” di soia negli States.
Allora ode a questa pianta, inconsapevole eroina e portatrice di speranza. Nel fato, nel miracolo della natura, di ciò che essa impara dai comportamenti scriteriati e assassini e ce lo ritorce su un piatto, in questo caso di un bel rosso.
E’ una pianta antica, famiglia delle Amarantacee, considerata cibo sacro, alimento degli Dei, da Incas e Aztechi. Dalle alture andine, cresce e si riproduce con grande facilità, non si infetta con malattie o con insetti. Una capacità di adattamento così alta da essere vista germogliare da Rodolfo Neri, un astronauta, a bordo della stazione spaziale internazionale.
Semi e foglie, commestibili, di altissimo livello nutrizionale, si è diffusa come alternativa al grano (India, Nepal, Africa) e non contiene glutine. Oggi coltivata principalmente in Europa e negli Stati Uniti. (Ogni pianta produce una media di 12.000 chicchi e le foglie, più ricche di proteine della soia, contengono vitamine A e C, e sali minerali). Anche l’olio che si ricava ha un uso antico, sia come medicinale (adattissimo a chi soffre di diabete) che come cosmetico, lavorando sulle rughe e sulla elasticità della pelle. Trovate molte spiegazioni in rete.
Tantissime le ricette alimentari, sia con i semi che con la farina. Si usa come la quinoa, ben lavata, tostata e lessata. Insalate, pani, crocchette, polpette, verdure ripiene e dolci.
Interessante anche la possibilità di cucinarli tipo pop corn: in una padella di ferro rovente, versate 60 gr di semi; importante è ottenere uno shock termico che permetta a loro di scoppiare subito, senza correre il rischio di bruciare (con temperature più basse occorrerà molto più tempo col rischio che non scoppino o, appunto, brucino). Questa cottura vi permetterà di spaziare in preparazioni croccanti, dalla tavoletta ricoperta di cioccolato, alle colazioni mattutine con yogurt e vari tipi di bevande.
Vi lascio una idea di gnocchi curiosa (per 6 persone):
300 gr amaranto.
150 gr farina di riso o quinoa o bianca (di mandorle per la versione dolce)
4 patate lesse
1 uovo (potete ometterlo)
100 gr di latte (animale o vegetale)
50 gr parmigiano grattugiato (facoltativo)
aglio tritato, prezzemolo, noce moscata, sale e pepe nero – (zucchero e vaniglia per il dolce).
Lavate l’amaranto in abbondante acqua corrente, io lo asciugo e lo tosto per avere una consistenza meno “gelatinosa”, lessatelo poi in un quantitativo di acqua pari a 3 volte il suo peso per 30/40 minuti. Non mescolate e lasciate riposare 10 minuti dopo la cottura a pentola coperta per permettere ai chicchi di gonfiarsi. Schiacciate le patate, unite tutti gli ingredienti, aggiustate di sale e pepe e provatene la consistenza, formando uno gnocchetto da tuffare nell’acqua a bollore. Se si sfalda e non mantiene la forma, rilavorate l’impasto aggiungendo farina. Una volta trovata la giusta consistenza, cuocete tutti gli gnocchi. Conditeli come vostro uso. Come per tutti gli gnocchi, gli eventuali avanzi si possono recuperare gratinandoli in forno.
Per la versione dolce, una volta pronto l’impasto con lo zucchero e aromatizzato a vostro piacimento, fate delle palline, rotolatele nel pan grattato (di riso, di farina) e friggete in olio caldo.